Quante storie nella storia:
L’introduzione del sistema metrico decimale
del Ducato Estense a metà Ottocento


Il metro pari alla decimilionesima parte di un quarto del meridiano terrestre, la distanza dal Polo all’Equatore, come misura universale e invariabile, riproducibile e verificabile ovunque e sempre, venne introdotto in Francia nel 1795 dalla Convenzione Nazionale delle Repubblica Francese.

A Modena alla fine del Settecento l’argomento rimase circoscritto agli ambienti accademici, nonostante le sollecitazioni di Giovanni Battista Venturi (1746-1822), docente di Fisica all’Università e animatore dei circoli scientifici modenesi. All’arrivo dei Francesi a Modena nel 1796 Venturi si trasferì a Parigi e da là fece pervenire a Modena il metro campione, che era stato realizzato da Etienne Lenoir, per il Gabinetto di Fisica che aveva sede nel piano nobile del settecentesco Palazzo dell’Università ora sede del Rettorato.

Nell’Italia settentrionale in età Napoleonica la Repubblica Italiana, proclamata nel 1802, con una legge del 27 Ottobre 1803 introdusse il sistema metrico decimale, ma dopo la caduta di Napoleone nel 1814, ristabiliti i governi precedenti, venivano riammesse le antiche misure, di cui il pubblico aveva continuato a far uso: rimanevano soltanto in vigore i decreti per la verifica dei pesi e delle misure.

Dopo la Restaurazione degli antichi sovrani negli stati Italiani definitiva dal 1815, durante il periodo di sovranità dell’arciduca Francesco IV d’Austria Este (1779-1846), dal 1814 al 1846 continuarono a essere utilizzati i pesi e le misure legalmente in uso del Ducato estense, che continuarono a essere soggetti a verifica da parte dell’Intendenza di Finanza grazie all’apposizione di bolli.

Nel 1849 il figlio e successore Francesco V sancì con un decreto che a partire dal 1852 nel Ducato estense sarebbe stato introdotto il sistema metrico decimale per uniformare le misure ancora differenti da una località all’altra, Intendenza di Finanza: con lo stesso decreto sarebbe entrata in vigore anche una nuova regolamentazione per la verifica. La riforma derivava dalla volontà di promuovere lo sviluppo del commercio verso gli altri Stati italiani, in particolar modo verso l’asse franco-piemontese dove il sistema metrico decimale era già stato adottato e verso l’Austria dove si riteneva di imminente adozione. Si intendeva porre fine alla caotica coesistenza degli innumerevoli pesi e misure del Ducato estense per agevolare le operazioni commerciali sottraendole alle frodi e agli imbrogli derivanti dai lunghi e difficili calcoli dei ragguagli.

Per rendere effettiva l’entrata in vigore del nuovo sistema metrologico, il ministro delle Finanze del Ducato estense conte Ferdinando Castellani Tarabini individuò una Commissione speciale sui pesi e le misure per compilare il regolamento per la realizzazione dei campioni del sistema metrico decimale, curarne la fabbricazione e compilare le tavole di ragguaglio. Era costituita da due docenti dell’Università di Modena, Stefano Marianini, presidente della Società Italiana delle Scienze, che aveva sede a Modena, e Giuseppe Bianchi (1791-1866), direttore dell’Osservatorio Astronomico e anche segretario della stessa Società. Per dare avvio a tali operazioni la Commissione avrebbe dovuto procurarsi copia dei campioni del metro e del chilogrammo realizzati in Francia.

Per la realizzazione dei campioni del sistema metrico decimale Marianini aveva preso contatti a Parigi con Jean Baptiste Biot, fisico e matematico, socio della Società Italiana delle Scienze, che volle che gli fosse affiancato Henri Victor Regnault (1810-1878), fisico e docente presso il Collegio di Francia, grande conoscitore degli strumenti e delle tecniche più esatte in campo metrologico. Biot suggerì che la fabbricazione di un metro campione di ottone piuttosto che di platino, di un comparatore per misure lineari e di una macchina per dividere in linea retta fosse affidata a Louis Guillaume Perreaux (1816-1889), ingegnere meccanico e che l’incarico della realizzazione di un chilogrammo campione e di una bilancia di precisione fosse assegnato all’ottico Louis Joseph Deleuil (1765-1862).

Per togliere ai tecnici francesi e a Biot ogni responsabilità della verifica dei nuovi strumenti con quelli conservati a Parigi negli Archivi Nazionali venne inviato a Parigi nell’agosto 1850 Giuseppe Bianchi che insieme con Biot, Perreaux, Deleuil e Regnault eseguì le comparazioni nell’Osservatorio di Parigi.

Il 18 gennaio 1851 gli strumenti fabbricati a Parigi giunsero a Modena da Livorno dove erano arrivati dopo un lungo viaggio attraverso la Francia fino a Marsiglia. In una lettera del 31 gennaio 1851 Bianchi annunciava a Biot l’avvio dei lavori della Commissione speciale pesi e misure con la nuova strumentazione nel Gabinetto di Metrologia che era stato realizzato nel Palazzo Ducale in un appartamento messo a disposizione dall’arciduca Francesco V, contiguo all’Osservatorio astronomico, situato nel torrione di levante. Grazie all’intervento di Bianchi, Cesare Zoboli, che già ricopriva il ruolo di addetto al laboratorio meccanico dell’Osservatorio, nel febbraio 1852 ricevette l’incarico di “ispettore e meccanico dell’Ufficio pesi e misure”.

Nello stesso anno venne pubblicato un Regolamento ma mancavano le tavole di ragguaglio poiché l’invio dei campioni da parte delle Comunità del Ducato procedeva a rilento e tra mille difficoltà. Il problema non venne risolto neppure dopo che l’entrata in vigore del sistema metrico decimale fu posticipata all’1 gennaio 1853 e dopo che era stato deciso che la serie completa, di cui le 72 comunità del Ducato austro-estense avrebbero dovuto dotarsi, era costituita da 13 strumenti di peso e misura basati su multipli e sottomultipli del metro e del chilogrammo.

Dall’1 gennaio 1856 fu affidato a Zoboli l’incarico di fabbricazione dei campioni  e fu deciso di realizzare un’Officina pesi e misure in locali di largo Hannover che due secoli prima erano stati utilizzati come stalle dalla duchessa Laura Martinozzi (1639-1687), reggente del Ducato Estense dal 1662 al 1674 dopo la morte del marito, il duca Alfonso IV d’Este (1634-1662, duca dal 1658). Dopo i rilievi che vennero effettuati dal celebre architetto modenese Cesare Costa e i necessari lavori di ristrutturazione e adattamento dei locali, l’Officina pesi e misure venne aperta l’1 giugno 1856, nonostante le attività di installazione degli strumenti non fosse stata ancora completata e mancasse anche personale.

L’entrata in vigore del sistema metrico decimale fu prorogata all’1 gennaio 1857 ma i lavori procedevano molto a rilento e nei primi mesi del 1857 tutti i campioni da inviare alle Comunità non erano ancora stati terminati a causa della carenza di attrezzature e di personale specializzato.

All’inizio di dicembre 1857 solo 14 comunità avevano ricevuto la serie completa di pesi e misure, sei di queste però dovevano ancora effettuare il pagamento.

Nel febbraio del 1858, come è testimoniato dall’economo generale del Ministero delle Finanze[1], non solo le attività dell’Officina Metrica, in cui lavoravano solo sette operai, si era molto ridotta ma venne sciolta anche la Commissione pesi e misure. Di lì a poco, il 17 marzo 1858, l’Officina metrica venne definitivamente chiusa dall’arciduca Francesco V . La sua attività si era però conquistata una discreta fama: il reggiano Angelo Secchi (1818-1878), direttore dell’Osservatorio Astronomico del Collegio Romano di Roma, già si era rivolto a Bianchi tra il 1854 e il 1855 perché, nel corso delle misurazioni della via Appia dal monumento di Cecilia Metella (Roma) alla torre in località Frattocchie (Marino), potesse effettuata una verifica con una copia del metro campione di Perreaux realizzata dall’Officina Metrica modenese. Nel 1857 lo stesso Secchi commissionò all’Officina Metrica modenese la realizzazione di un doppio decimetro e nel 1858 ricevette in omaggio una serie di campioni metrici realizzati da Zoboli da utilizzare come strumenti campioni per le misure nell’ Osservatorio Astronomico del Collegio romano.

ASMo, ibidem, cit., b. 395, b. 395: lettera al Ministro delle Finanze del 18-2-1858.